Siamo sicuri che il vero problema si quello delle pari opportunità?
Mi è capitato di leggere il report della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense “i numeri dell’avvocatura 2020” che puoi scaricare all’indirizzo:
Nel report ci sono diversi numeri interessanti su cui fare l’analisi dell’andamento della professione e ti consigli vivamente di leggerlo e scaricarlo, tra tutti, quelli di cui voglio parlare in questo post sono quelli che riguardano le donne e la parità di genere.
Il primo dato che balza agli occhi è a pagina 5 “la femminilizzazione della professione”, in questo specchietto sono riportati i dati degli iscritti alla cassa divisi tra uomini e donne.
Nel 1981 le donne erano il 7% degli iscritti, nel 1995 erano cresciute percentualmente fino al 21%, nel 2005 erano il 36% e nel 2020 sono il 48%. Il dato del 2020 duplica quello del 2019 e cresce dello 0,1% rispetto al 2018 e dello 0,2% rispetto al 2017.
Di fatto una parità di genere nella professione è stata raggiunta, considerando il 47% come quota di parità di fatto possiamo parlare di parità a far data dal 2013 quando dei 230.435 avvocati iscritti agli albi 122.182 erano uomini e 108.253 erano le donne.
La crescita del movimento femminile nell’avvocatura è sottolineata dai numeri del 2020 rispetto al 2013. Nell’anno appena trascorso gli avvocati iscritti all’albo erano 245.478 suddivisi in 127.710 uomini contro 117.768.
15.043 avvocati in più in 7 anni dei quali 5.528 uomini (circa il 36%) e 9.515 donne (quasi il 74%).
La parità è quindi una questione superata nei numeri, in proiezione nel prossimo decennio la professione di avvocato sarà una professione femminile.
Questo è un dato di fatto. Non ne faccio però una questione di genere, andando più in profondità nella lettura del report, infatti, si nota che questo aumento della percentuale delle donne non corrisponde ad un aumento del giro di affari anzi.
A pagina 14 del report c’è la tabella “evoluzione del volume di affari degli avvocati iscritti agli albi forensi” possiamo notare come nel complesso il volume di affari non sia mutato in termini assoluti dal 2013 al 2019 da 59.978 a 60.541 ed anzi è calato se consideriamo la rivalutazione che porrebbe il 2013 a 61.611.
Di getto verrebbe da dire ottimo risultato considerando che i professionisti nello stesso periodo erano cresciuti di 15.043, di certo mantenere inalterato il volume di affari medio indica una forza del settore, ma…
C’è un ma, e qui arrivano le dolenti note, sono proprio le donne a pagare di più.
Fino ad ora abbiamo parlato di statistiche globali, ma se andiamo nei segmenti uomo donna cosa avviene?
A pagina 16 del report “Reddito professionale medio dichiarato ai fini IRPEF dagli iscritti alla cassa forense” scopriamo che a fronte di un reddito medio di 40.180 la cifra si raggiunge parametrando i 25.073 delle donne con i 54.496 degli uomini.
In pratica il reddito medio per gli avvocati uomini è più del doppio rispetto a quello delle donne.
Il vero problema è questo.
L’avvocato è, nella mente del cliente, uomo. Non importa la bravura, non interessano le competenze o la capacità di scrivere atti, difendere in giudizio. Il cliente è disposto a pagare il prezzo più alto all’uomo.
Certo ci sono decine di motivi storici che inducono i clienti a pensare in questo modo, non è questo il punto. Conoscere i motivi per cui una situazione esiste è certamente importante, ma ancor di più è avere una strategia per sovvertire le situazioni.
Cambiare un modello di pensiero volendo ragionare sul genere è praticamente impossibile, ma lavorare sulla percezione del singolo avvocato si può fare.
Conoscere i punti forti dell’avvocatura al maschile e strutturare strategie per ricavarsi una nicchia, importante, dove essere le numero uno si può e si deve fare.
Il gioco delle professioni è ad un bivio importante, le intelligenze artificiali, le nuove tecnologie che si appoggiano alle reti veloci come il 5G sono ad un tiro di schiocco, se non sei tra coloro che hanno le risorse per cavalcare quest’onda, DEVI immediatamente fare qualcosa per mettere fieno in cascina.
Il fieno non è dato dal numero dei clienti ma dal margine utile che puoi ricavare da ogni cliente.
Il margine è dato dalla differenza tra entrate ed uscite, se le entrate medie di un avvocato donna sono meno della metà di quelle di un uomo, a parità di spese (quelle non guardano il sesso) e di tasse la marginalità si riduce ulteriormente.
L’assurdo è che tra dieci anni potremmo trovarci con più avvocati donna rispetto agli uomini ma il potere e gli incassi tutti nelle mani di quei pochi uomini. Un’avvocatura che da patriarcale diventa oligarchica.
Hai un solo mezzo per sfuggire a tutto questo, costruire un tuo marchio forte e preciso che motivi i tuoi clienti a pagarti di più.
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