Molto spesso mi capita di incontrare persone che mi chiedono come fare per trovare nuovi clienti o gestire meglio quelli che già hanno.
Ovviamente tutto ciò è semplicemente impossibile, sarei un matto scatenato se andassi in giro a dispensare consigli generici spacciandoli per soluzioni universalmente applicabili, per questi giochi di magia lascio il campo aperto ai guru di cui è pieno il web.
Quando mi trovo davanti a queste situazioni, per uscirne con eleganza mi gioco il jolly.
La carta che mi risolve tutti i problemi, la domanda magica che blocca sul nascere ogni velleità da aspirante guru da strapazzo.
La domanda è: “Come si chiama la tua attività? mi fai vedere il tuo marchio?”
Nella quasi totalità dei casi, con questa semplice domanda, si riesce a spostare il focus del discorso liberandosi dalle insidie di pseudo consulenze gratuite.
Il minding (o marketing se preferisci) è una disciplina sperimentale e non una scienza, questo vuol dire che soltanto l’evidenza dei numeri può determinare la bontà di un’azione, e soltanto i successivi test con azioni differenti possono determinare quale azione è effettivamente migliore per il caso specifico.
Questo vuol dire che proporre soluzione senza avere i dati è quasi impossibile, se si fanno le cose seriamente.
Cosa differente è invece parlare dei macrosistemi, delle strategie di fondo che guidano un’azienda.
In questo specifico campo, rilevare gli errori o le omissioni è semplice, ed ancor più semplice è limitarsi a porre le domande che mettono in moto i processi di autoverifica.
Il nome, o il marchio di un’azienda o di un’attività professionale è, di norma il primo errore grossolano che commettono i più.
La scelta del nome difficilmente rispecchia una vera e propria analisi di posizionamento, motivo per cui ci si ritrova a creare nomi che hanno senso per chi li ha scelti ma che sono privi di significato per i clienti.
Alla domanda come si chiama la tua attività? Le risposte sono le più disparate: di solito nomi propri di persona per professionisti e ditte individuali, cui si aggiunge il nome della categoria commerciale come parrucchiere, idraulico, macelleria etc., poi ci sono le crasi, in aziende con due o tre soci, o le varianti alfanumeriche come 2 effe, 3 c e così via, altro standard è l’utilizzo degli acronimi, che racchiudono nome cognome e categoria, il classico Al.Ma.I. per Aurelio e Mauro Infissi che potrebbe benissimo essere anche Alessia e Marta Igeniste o qualunque altra combinazione. Ultima ipotesi che riporto qui, tra le più utilizzate è il nome di fantasia, che sia un romanzo ispiratore, un film o semplicemente il risultato della spremitura delle creatività dei soci, nomi come Maui, Esco Bar, Ratatuie fanno sempre la loro porca figura.
La possibilità di tirare fuori dal cilindro un nome sbagliato è pari soltanto alla fantasia degli imprenditori, quindi è praticamente infinito.
Non mi dilungo qui sull’analisi degli errori sul nome, alla quale ho dedicato un intero capitolo nel libro “i terrapiattisti del business”, ma un aspetto voglio sottolinearlo.
Indipendentemente dai processi messi in atto per sviluppare il nome, l’errore commesso è sempre lo stesso: il focus è sulle proprie competenze, sui propri prodotti/servizi, su di noi.
In realtà il nome è il primo impatto che i clienti hanno con noi, la punta dell’iceberg della nostra offerta, delle nostre competenze e delle nostre capacità.
Tutti si riempiono la bocca con l’importanza del primo impatto, frasi come “non c’è una seconda possibilità di fare una buona prima impressione” riempiono la bocca di tutti, ma tra il dire e il fare…
Mi capita spessissimo di incontrare professionisti, attentissimi al look, lo stile, lo studio ma che nulla investono sul nome.
Ma quello non dipende da me, me lo hanno dato i genitori!
Certo molto spesso sul nome non si può intervenire, ma sul marchio sì!
La scelta di un’immagine, di un colore, di una linea di testo che accompagni il nome, questo non è onere dei genitori.
No, non esiste scusa per un marchio che non rappresenta nulla per i clienti, un testo che non spiega emotivamente le proprie scelte, l’assenza di un suono che lo accompagni.
Il nome è il cuore del tuo successo.
Se il tuo nome non funziona, e se lo hai costruito pensando a quello che fai e chi sei non funziona, cosa devi fare?
Permettimi di rispondere con una metafora.
Se hai un infarto cosa fai?
· Puoi andare su Google e cercare un qualche rimedio da fare da solo,
· Puoi comprare i libri e studiare medicina per capire cosa fare,
· Puoi andare da un medico generico e sperare che sappia come curarti,
· Puoi far finta di nulla e sperare che tutto si aggiusti,
· Puoi andare da un cardiologo, specializzato, e seguire i suoi dettami.
Ti basta come risposta?
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